Narrazione“, testo della canzone.
(Marlene Kuntz, “Lunga attesa”, 2016).

Quanto è importante la narrazione 
per farci cogliere da una vera emozione 
che ci sconvolga per bene come può fare un film, 
ad esempio sui deportati, che a guardarlo ci diciamo “mai più!”, 
e poi se un dramma affine ci è ogni giorno sotto gli occhi, ad esempio alla tv, 
la realtà ci droga e non sentiamo nulla, se non fastidio, 
per le coscienze immacolate? 

E’ la realtà che ci disintegra
e nulla c’è che ci reintegra.

Quanto è importante la narrazione 
per riportarci a una vera emozione 
con le retoriche bandite e il pianto a vuoto rinsecchito, risucchiato, svanito, 
che si rifiuti del disdegno posticcio, del compianto un po’ molliccio 
e di una commozione che si accende solamente fra una bistecca sul fuoco 
e una mela gustata poco a poco? 

E’ la realtà che ci disintegra
e nulla c’è che ci reintegra.

Quanto è importante la narrazione
per ricondurli a una qualche emozione che non sia il fiato populista della pancia,
quelli che non hanno la lungimiranza, la memoria, la pena, l’indulgenza,
che hanno in testa il tornaconto e sequenze di presenti ammonticchiati
sul nulla di esistenze accartocciate e poi schiacciate, rase al suolo,
appiccicate all’ignoranza e all’insipienza?

E’ la realtà che ci disintegra
e nulla c’è che ci reintegra.

Pixabay CC0 Creative Commons



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