La città dormitorio“, testo della canzone.
(Marlene Kuntz, “Lunga attesa”, 2016)

L’immaginazione, nella città dormitorio,
è un’immagine che proprio non so far volare,
è un pennuto in una gabbia nato per marcire
è un’illusione alata che può solo zoppicare.
E sei condannato e neanche lo sai,
stolido e ingessato, no che non lo sai.
L’entusiasmo è un’agonia, nella città mortorio
e lo stupore un’imprudenza da addomesticare,
quando volge a tutto ciò che non si può capire
e quando fa di ogni cosa nuova un avversario
e sei condannato e neanche lo sai,
stolido e ingessato, no che non lo sai.

Bifolchi imbiancati, sepolcri imbevuti di liquido grigiore,
massa di zombie irretiti dal nulla storditi da quel che conviene,
sedotti da ciò che pertiene alla norma e conformi
ad ogni visione d’insieme che fugge da ogni dettaglio
stonato e non omologato convinti che quel che appartiene.

E tu sei come loro che ti sono affatto uguali
anche se non lo ammetteresti mai.
Dorme un lungo sonno tutta la città
e con essa dorme la sua umanità.

E tu sei come loro che ti sono affatto uguali
anche se non lo ammetteresti mai.
Dorme un lungo sonno tutta la città
e con essa dorme la sua umanità.

E tu sei come loro che ti sono affatto uguali
anche se non lo ammetteresti mai.
Dorme un lungo sonno tutta la città
e con essa dorme la sua umanità.

E tu sei come loro che ti sono affatto uguali
anche se non lo ammetteresti mai.
Dorme un lungo sonno tutta la città
e con essa dorme la sua umanità.

E tu sei come loro che ti sono affatto uguali
anche se non lo ammetteresti mai.
Dorme un lungo sonno tutta la città
e con essa dorme la sua umanità.

Pixabay CC0 Creative Commons



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