E poi il buio“, testo della canzone.
(Marlene Kuntz, ‘“Che cosa vedi‘, 2000).

Il sole disegna un cerchio rutilante sul telo di lino
delle nuvole sfilacciate frapposte alla mia sbirciata distratta,
e con morbida perfezione la circonferenza si adagia
sul lungo crinale del monte dietro il quale scenderà
in qualche placido istante.
La finestra socchiusa sfiora la sedia e fluisce un carezzevole soffio
che lambisce i miei piedi con invisibile avvolgimento:
io penso all’effusione di un abbraccio rapito ai dispetti del tempo,
a un amore caldo come il raggio di luna degli innamorati.

E quando la luna verrà, sarà la stessa di allora?
Quella che di noi farà di nuovo una cosa sola?
E quando la luna verrà, sarà la stessa di allora?
Quella che dopo ci porterà alle carezze dell’aurora?

Il sole disegna mezzo cerchio esitante su sbuffi di nuvole andate
e Oriente indorato risponde all’acceso Ponente.
Guardo le rocce innevate nel blu luminoso:
sei là con lo sguardo,
lo stesso che mi hai regalato lasciandomi solo.
Ti ho persa quel giorno e mai più ho ritrovato
la scia deliziosa del tuo fascinare,
e se fosse successo mi avresti rivisto scodinzolare.
-devono aver diviso in due il mondo,
e penso di essere dalla parte sbagliata-.

E quando la luna verrà, sarà la stessa di allora?
Quella che di noi farà di nuovo una cosa sola?
E quando la luna verrà, sarà la stessa di allora?
Quella che dopo ci porterà alle carezze dell’aurora?

Ora il sole disegna un commiato straziante
di squarci roventi fra nuvole ostili,
veloci nel giungere a frotte sui miei capogiri.

Nell’ombra del monte
mi pento di averti lasciata tornare.
Nell’ombra del monte
mi pento di averti lasciata tornare.
Nell’ombra del monte
mi pento di averti lasciata tornare.

E poi il buio,
neanche un graffio di luna nel cielo.

Pixabay CC0 Creative Commons



Previous page Next page