111“, testo della canzone.
(Marlene Kuntz, “ Uno”, 2007)

Si sposarono in estate, traversarono le contrade
fino ai peschi nel cortile del podere padronale.
Festeggiarono ad effetto, si schiantarono nel letto,
poi in viaggio senza stile sulle spiagge del grecale.
Lei lo amava in qualche modo e la vita si assestava così.
Lui la amava più che poco e la vita proseguiva così.

Con rapidità volgare presero a farsi del male
e un fanciullo assai vezzoso venne a farne le molte spese.
Smisero di far l’amore, smisero anche di scopare,
smisero di dormire insieme e smisero di chiacchierare.
Lui, imbroglione di tenace infedeltà, alle bassezze la sua lenta deriva portò.
Lei, che lo attese con inquieta lealtà, dopo tre anni un amore nuovo si trovò.
Un amore nuovo.

Non è stato difficile raccontare questa storia di ordinario fallimento coniugale.
E non fu esattamente impossibile accettare per me stesso l’ipotesi dell’abiezione,
in fondo – pensavo – dovrò fare i conti con una crescente contrizione
passando la vita a vergognarmi per un talento giocato davvero molto male.
Ma quale errore, quando mi accorsi di averla uccisa prendendola a martellate,
Quale orrore, quando mi accorsi di averla punita massacrandola a martellate.
Quale orrore! Ma quale orrore!

Che mostro sono? Che mostro sono?
E non so neanche farmi fuori da me, no, non so neanche farmi fuori da me!
Che mostro sono? Che mostro sono?
E non so neanche farmi fuori da me, no, non so neanche farmi fuori da me!
Che mostro sono? Che mostro sono?
Qualcuno ha voglia di pregare per me? Qualcuno ha voglia di pregare per me?
Che mostro sono? Che mostro sono?
Che mostro sono? Che mostro sono?

Pixabay CC0 Creative Commons



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