La vampa delle impressioni (parte II)”, testo della canzone.
(Marlene Kuntz, “Come di sdegno“, 1998; compare anche in versione live su Cometa, 2001)

La forza dell’indignazione aveva scosso quel flusso dei pensieri senza corpo. Il rapimento era sbilenco e di colore indefinito. La testa appesa. Il tempo perso. E un grande uncino adeguato come spina dorsale.
E in qualche istante speciale un brivido dipinse la smorfia dello sdegno, e uno schiocco alle emozioni riscaldate dal freddo.

Le narici che ingoiano nausea ed espellono fiele, gli occhi che giurano abbandono, il cervello che bolle per il fuoco in superficie: l’indignazione ha questa faccia, e indossa stivali neri come la pece, per schiacciare le tentazioni.
La malìa dell’indignazione ha dunque scosso quel flusso dei pensieri senza corpo. E un sacro paonazzo ardore ha scacciato quei colori lontani, ed ha acceso di rosso scarlatto il pulviscolo delle impressioni.

Lunghe mani bianche e sottili, nervose di candore, schiaffeggiano l’aria malata: sublima il buon gusto e s’accascia la comune opinione. L’indignazione rara, quella vera.
Ed io odio il carcere.

Pixabay, CC0 Creative Commons



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