In delirio“, testo della canzone.
(Marlene Kuntz, ‘Ho ucciso paranoia‘, 1999)

Giunto alle remote sponde del soliloquio: fin qua tutto bene.
Solitudine, profonde fortune per farmi capire che non conviene.
Un viaggio di molti bagliori e falene assai fuori nel loro daffare
(ho qualche pretesa di giustificare le incomode tentazioni)
La mia Penelope tesse il ritratto di me -che non so se tornare-
come una mitica cosa che valga la pena di rappresentare.

Distrutto baby, spossato mia piccola da ogni pietosa sciocchezza
che una marmaglia di predicatori vestiva con ogni certezza.
Distrutto baby, spossato mia piccola da ogni pietosa certezza
che una marmaglia di polli e caproni gestiva con ovvia sciocchezza.
Penetro il folto di fronte: alle spalle le onde mi stanno a guardare.
Ostaggio! (cordoglio..)
Mi sono rapito nel bosco delle sparizioni
e parlo a me stesso e mi voglio lontano da tutti quei rompicoglioni.

La mia Penelope tesse il ritratto di me che non so se tornare
come una mitica cosa che valga la pena di rappresentare.
Distrutto baby, spossato, mia piccola, da ogni pietosa sciocchezza
che una marmaglia di predicatori vestiva con ogni certezza.
Distrutto baby, spossato, mia piccola, da ogni pietosa certezza
che una marmaglia di polli e caproni gestiva con ovvia sciocchezza,
vago nel folto di fronde in delirio.

Pixabay, CC0 Creative Commons



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