“L’agguato“, testo della canzone.
(Marlene Kuntz, Il Vile, 1996)
Esiziale, secco e disumano,
scarto di secondo che vale tanto quanto una vita
che è più finita di una resa mai incominciata.
Musicala questa traversata,
dal mio nido a quello della mia amata.
L’atmosfera è ok, tutto è bello,
Polly, io ti voglio nel mio cervello.
L’auto fila via liscia, carezzata dal vento che è biscia e morbido.
Striscia sulle lamiere madide al sole giallo di guai.
Esiziale, secco e disumano,
scarto di secondo in agguato:
guardami così bello e rapito dalle gioie di un veleggiare muto
Raro come l’arcano da serbare,
prezioso come un mare da salvare,
a proposito della mia vita.
L’auto fila via liscia verso lo stop e nulla compare
a fare una breccia da dietro il sole disteso giù.
Sulla strada, l’auto parte via liscia:
è un attimo realizzare che no, non è così:
in un lasso esiziale un bolide appare e finisce lì.
E il sole scaglia la sua gloria e se la ghigna.
Una confusione per incubazione!
C’è una Babilonia di disagio e compassione!
Sono coma in ascolto, bagnato sull’asfalto,
grilla come olio un lago imporporato.
E il sole scaglia la sua gloria e se la ghigna.
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